Tosca di Giacomo Puccini inaugura la stagione d’opera del Teatro alla Scala di Milano.
Trionfo per Anna Netrebko, Francesco Meli, Luca Salsi e Alfonso Antoniozzi.
Nuova produzione Teatro alla Scala- Regia Davide Livermore
Una prima molto attesa sia per il cast sul palcoscenico, sia per la nuova produzione del Teatro alla Scala che affida la regia a Davide Livermore, le scene a Giò Forma ed i costumi a Gianluca Falaschi.
Di impatto visivo la grande scenografia che immortala i luoghi di Tosca in una Roma alla fine del ‘700 che, grazie ai meccanismi del palcoscenico milanese che ruota e si innalza, sono ricostruiti molto fedelmente nell’impianto scenico, ma anche la regia geniale di Livermore ha esaltato il grande lavoro di ricerca fatto a monte.
Certo questi escamotage sulla scena sono stati molto utilizzati in passato, quindi da questo punto di vista non vi sono molte novità, si apprezza tuttavia l’idea di rimanere nel tempo di Tosca senza stravolgimenti temporali, atteggiamento molto comune oggi nei teatri. Nel secondo e nel terzo atto, si apprezza maggiormente la concezione scenografica: i quadri che sormontano la sala del palazzo di Scarpia si animano all’improvviso con movenze al rallentatore, quasi a voler sottolineare quello che accade sul palcoscenico; la stanza della tortura che si scorge al di sotto del palcoscenico che si innalza e fa apparire così Cavaradossi durante le torture. In tutta la messa in scena i cantanti sono anche decisamente agevolati dal palcoscenico rotante e quindi spesso non sono loro a muoversi, ma tutta la scenografia ruota e fa cambiare il punto di vista all’interno degli spazi, come ad esempio nel primo atto quando ci si trova all’interno della Chiesa di S. Andrea della Valle. Dinamica che permane per tutta l’opera, fino ad arrivare al gran finale dove Castel Sant’Angelo è inizialmente avvinghiato da maestose ali proiettate e poi, ruotando su se stesso, rivela la prigione ed il luogo dove verrà di lì a breve fucilato a morte Cavaradossi. Ottimo il risultato quindi, grazie ai precisi effetti di luci curati da Antonio Castro e le proiezioni di D-work.
Il tutto risulta interessante, ed coadiuva molto il dipanarsi della storia che cattura la visione dello spettatore, rimanendone affascinato e trasportato in un atmosfera di grandiosità.
Molte anche le trovate cinematografiche, così come ha voluto lo stesso Livermore, dove i cantanti sono in ampi spazi in cui possono muoversi con facilità; pochi gli oggetti sulla scena, volutamente essenziali.
Non soddisfano invece le aspettative per quanto riguarda i costumi di Falaschi per questa Tosca: sin da subito deludono gli abiti indossati da Floria Tosca nel primo atto, simile più a Carmen che a Tosca, così come i costumi di Scarpia e degli adepti, i quali indossano cappotti di pelle con macchie di colore rosso. Bella invece la vestaglia di Scarpia nel secondo atto, importante e adatta allo spessore del personaggio.
Anche l’abito indossato dalla primadonna nel secondo atto non colpisce particolarmente, abituati come siamo ad abiti sontuosi per la scena più importante di tutta l’opera, in genere di colore rosso, e, anche se il turchese dona molto alla bellissima Anna Netrebko, non è l’abito che nell’immaginario comune ci si aspettava.
Ma veniamo al canto. La protagonista, Floria Tosca, come detto è Anna Netrebko. In ottima forma per una prima così importante è riuscita con molta professionalità a superare qualche piccolo imprevisto, come l’errore sulla mancata battuta dopo il Vissi d’arte, probabilmente dovuto alla non comune versione pucciniana messa in scena, cioè la prima stesura della Tosca, in cui sono presenti battute e frasi in più, alle quali gli artisti non sono abituati. Ma Anna Netrebko riesce a togliersi dall’impaccio del momento, non nascondendone però la difficoltà. È bastato comunque uno sguardo tra Luca Salsi e Riccardo Chailly per proseguire tranquillamente. Certo si è rischiato il peggio, ma sono intoppi che possono succedere ai grandi e ai meno grandi. D’altra parte l’emozione in questi eventi è sempre in agguato, e può giocare brutti scherzi, come anche sull’attacco del Vissi d’arte, non proprio azzeccato, ma a questa grande professionista si perdona anche questo. Ricordiamoci che i cantanti sono esseri umani, non è la nota sporca che rovina tutto, specie con una presenza scenica che è intrinseca in Anna Netrebko: tutto passa in secondo piano e si resta catalizzati sul suo personaggio.
La Netrebko è Tosca, grande donna, grande artista e grande amante. Un leone ruggente che non si risparmia nemmeno quando potrebbe, meritandosi fragorosi applausi alla fine del suo Vissi d’arte.
Anche Francesco Meli ha affrontato positivamente la sua prova, interpretando un bel Cavaradossi in cui spiccano controllo vocale e bel timbro tenorile, con uso parsimonioso dei falsetti ed incisività e trasporto nei momenti più intensi.
Non da meno lo Scarpia di Luca Salsi. Voce matura, importante, dizione perfetta e interpretazione ricercata. Si trova a suo agio nei panni di colui che ha il potere, che decide la vita o la morte di persone. Infido ma allo stesso tempo ammaliato dalla bellezza di Tosca. Una grande prova quella di Salsi in cui notiamo una perfetta sintonia con Netrebko, Meli e Antoniozzi.
Quest ultimo, dopo sedici anni di assenza ritorna sul palcoscenico nei panni del Sagrestano. Alfonso Antoniozzi è perfetto vocalmente e la sua è stata un’interpretazione magistrale in una serata magica. Senza eccessi e libertà ha portato sul palcoscenico un personaggio molto spesso travisato da molti. Grande artista, bravo!
Bene anche lo Spoletta di Carlo Bosi così come l’Angelotti di Carlo Cigni. Completano il cast della serata Giulio Mastrototaro ( Sciarrone), Ernesto Panariello (Carceriere) e Gianluigi Sartori (Pastore).
Sul piano orchestrale è Riccardo Chailly che cesella la partitura di Puccini di questa versione, poco eseguita, dell’edizione critica curata da Roger Parker per Ricordi. Un grande lavoro di ricercatezza si evince nei colori orchestrali che sottolineano molti momenti dell’opera, così come l’attenzione al palcoscenico ed ai respiri, senza allargamenti eccessivi ma, anzi, con tempi serrati e ben amalgamati. Qualche slancio in più non sarebbe guastato ma è una delle caratteristiche mancanti in Riccardo Chailly.
Un successo annunciato che si realizza quindi per questa prima scaligera e che si conclude con sedici minuti di applausi finali agli artisti. Pubblico soddisfatto in sala ed anche a casa, avendo seguito in TV su Rai 1 la diretta di questa importante prima alla Scala di Milano.
Milano, 7 Dicembre 2019
Salvatore Margarone
Photo©Brescia/Amisano Teatro alla Scala